Quando Internet non
era ancora quella attuale e allo stesso
tempo l'e-commerce non
aveva la dimensione odierna, il concetto
di marchio era di certo
meno valutato e considerato da buona
parte delle imprese. Complice anche la
procedura di deposito di una
domanda di marchio, che nei
decenni scorsi oltre ad accompagnarsi ad
una certa burocratizzazione e
tecnicismo, aveva anche costi di certo
superiori rispetto a quelli attuali.
Contrariamente al passato, oggi
la Rete permette infatti a chiunque di
registrare agevolmente
un marchio, al punto da
spingere persino malintenzionati a
depositi puramente pretestuosi o
anticoncorrenziali, tutto ciò
grazie all'offerta di servizi di
deposito e registrazione estremamente
variegati, ma anche alla presenza di
campagne di marketing
particolarmente aggressive da parte
degli operatori coinvolti
(avvocati e società di
consulenza) e, non da meno,
grazie all'introduzione da parte degli
enti preposti (UIBM, EUIPO e
WIPO) di procedure di deposito
più snelle.
In questo
mare magnum di pubblicità e di
offerte alle volte anche risibili, in
molti si interrogano comunque
sull'opportunità di
registrare un marchio.
Questo perché, al di là
della convenienza economica o meno
dell'operazione, il deposito di
un marchio e la
successiva
registrazione possono risultare
di fatto anche inutili per un soggetto,
e in alcuni rari casi anche portargli
grane legali.
Proprio con
riferimento all'opportunità di
una siffatta operazione, pubblichiamo di
seguito una richiesta di
consulenza legale
pervenuta al nostro
Studio. Il contenuto
del messaggio è stato volutamente
modificato per tutelare la riservatezza
dell'interessato, e la risposta che
viene fornita è, come sempre,
volutamente generalista a fronte di un
quesito di egual tenore.
“Salve Avv.
Massa,
sono Mauro
[…] titolare di una ditta che fa
drop-shipping da oltre 20 anni. Ci
stiamo espandendo anche in Europa e un
nostro concorrente ci ha diffidati
dall'usare un marchio simile a quello
loro. In verità il loro marchio
e' […] mentre il nostro e'
[…] scritto con caratteri
spaziati e un logo inventato, inoltre
gli indirizzi dei siti sono
diversi.
L'avvocato che ci
seguiva prima era contrario a farci
registrare il marchio in Italia e voleva
anche di piu' come onorario, mentre
l'ultimo professionista che ci ha
seguiti non ci ha fatto problemi e ci ha
fatto risparmiare molto sulla
tariffa.
Noi possiamo anche
ritirare il marchio, ma non vogliamo
cambiare il sito, il tipo di articoli e
tutto quello che chiedono loro. Non
credevamo che per via del marchio
registrato succedesse tutta questa
situazione, ma allora a che serve
registrarlo? Poi vorremmo capire anche
perche' su Internet ci sono tante
differenze nelle tariffe, a volte alcune
sembrano troppo basse, altre fuori
mercato. Grazie.”
Risponde l'Avv. Rocco Gianluca Massa:
Partiamo dalla premessa che i
tariffari alle volte non sono facili da
confrontare. Per la
registrazione di un marchio in
Italia un soggetto X può
chiedere 200, 300, 1.000
euro o anche oltre, ma vanno
verificati molteplici aspetti: ad
esempio chi si occuperà
materialmente del deposito del marchio
(se avvocato o
consulente), il
numero di classi di
prodotti e servizi interessate dalla
registrazione, il tipo di
marchio da registrare e il
contesto di protezione, e relativamente
all'importo, se il
tariffario comprende
una ricerca di
anteriorità su scala nazionale o
internazionale, tutte le
comunicazioni tra titolare e l'Ufficio
Italiano Marchi e Brevetti fino
all'avvenuta registrazione, ecc. ecc.
Le ricadute sono molteplici,
soprattutto nel medio e lungo termine.
Il deposito di un marchio per
poche centinaia di euro
dovrebbe infatti portarci a valutare il
tipo di supporto legale
di cui godremo nel medio e lungo
termine. A livello
internazionale esistono
ad esempio società che si
occupano della registrazione di
marchi in tutto il mondo, in
maniera apparentemente competitiva
rispetto a chi opera nella nazione in
cui si vuole registrare un dato marchio.
Ma spesso è una convenienza di
facciata: difatti chi propone
tariffari “low
cost” o procedure
eccessivamente snelle per
registrare un marchio
lo fa spesso semplicizzando la
qualità del servizio (si pensi
alla ricerca di anteriorità fatta
in modo grossolano o tramite bot),
tacendo al cliente il più delle
volte anche i rischi e le conseguenze di
una eventuale opposizione da
parte di terzi titolari di altri
marchi. Opposizione i cui
costi, resi noti solo successivamente,
spesso rappresentano la nota dolente
dell'intera procedura di
registrazione.
Tariffari a parte, la convenienza e
concreta utilità del deposito di
un marchio passano prima di tutto per la
strategia commerciale seguita da chi
intende registrare il medesimo
marchio.
Quel che consiglio ai miei
clienti è innanzitutto di
registrare un marchio (o almeno
depositarne la domanda)
prima di intraprendere un
attività di vendita online o di
pubblicizzare in generale i propri
prodotti o servizi in
Rete, almeno se il contesto di vendita o
il target di acquirenti va oltre
l'ambito puramente locale e se alla base
vi è l'intenzione di investire
con un certo impegno, magari puntando su
articoli di propria produzione o servizi
esclusivi. Il perché è
facile da immaginare: una volta che la
“giostra” è in
funzione diventa difficile riparare alla
leggerezza iniziale.
Se infatti
il marchio non presenta profili
confusori con quello di altri
soggetti, può accadere che la
diffusione su Internet
senza un'adeguata tutela iniziale possa
portare ad un inevitabile agganciamento
parassitario, o finanche ad una
registrazione preventiva in mala fede da
parte di questi ultimi (insieme a quella
del nome a dominio). Per quanto si
potrebbero verificare nel mezzo anche
tante altre situazioni e
condotte abusive,
sicuramente scomode per un incauto
imprenditore.
Altra circostanza
abbastanza frequente, toccata
indirettamente da Mauro, è quella
di registrare
erroneamente (per fretta,
economicità o leggerezza)
un marchio in potenziale
conflitto con quello di altri
soggetti, e magari in assenza
di contestazioni iniziali registrarne
anche il dominio associato e rilanciare
sempre più negli investimenti,
pubblicizzandolo su riviste di settore,
in fiere, sul Web o attraverso i media
tradizionali, ecc. ecc.
In
entrambe le ipotesi, il nodo principale
per un imprenditore è sicuramente
costituito dal pregiudizio economico
conseguente alla conflittualità
verificatasi: per un marchio
registrato troppo tardi va
ponderata la libertà di manovra,
la buona fede del concorrente, l'ambito
di utilizzo e altri fattori chiave sia
per contestarlo che per eventualmente
sostituirlo con altro segno
distintivo. Nel caso invece in
cui un marchio già depositato
entri in conflitto con quello già
registrato da terzi è
fondamentale valutare la fondatezza
della pretesa altrui, l'ambito
di protezione coperto dall'altro
marchio, i titolari, licenzianti e
licenziatari coinvolti,
unitamente ad altri profili ed elementi
complementari al tipo di attività
svolta da chi ne rivendica la
priorità d'uso, in Rete e nel
mondo fisico.
Proprio
quest'ultima circostanza, come visto,
ricomprenderebbe quella segnalata da
Mauro, e naturalmente non può
come non deve portare automaticamente un
imprenditore e piu' in generale chi
riceve una diffida, a
buttarsi giù e a dare per
scontata la legittimità di quel
che viene richiesto. In questi casi
è bene sempre entrare nel merito
delle pretese di controparte e della
fondatezza delle stesse, non solo
perché in specifici contesti e a
date condizioni alcune o tutte le
richieste possono risultate eccessive o
anche giuridicamente pretestuose (non
dimentichiamo che una diffida
può anche essere inviata per
scoraggiare gli investimenti di un
competitor), ma, qualora
risultassero fondate è sempre
possibile valutare i margini di un
possibile accordo o anche,
eventualmente, di circoscrivere o
modificare il proprio ambito operativo
così da non entrare più in
conflitto con l'altro soggetto, e
così via.
Concludendo,
quindi, alle condizioni su viste, la
registrazione di un marchio, se eseguita
secondo gli opportuni criteri e le
premesse di cui sopra, offre
indubbiamente il vantaggio di
contraddistinguere i propri prodotti e
servizi nel commercio,
assicurandone una protezione
maggiore rispetto a quelli
contrassegnati da un marchio di
fatto (ossia non
registrato).
In presenza di
tariffe fin troppo
basse o apparentemente alte
quel che consiglio a Mauro, come a
qualunque interessato e' di capire nel
dettaglio cosa ricomprende il compenso
proposto da uno specifico soggetto, ma
anche di capire chi si occupera'
materialmente dell'incarico
(qualora l'offerta arrivi da una
società o uno
studio legale),
facendosi anche spiegare quali sarebbero
eventuali altri costi da sostenere, in
caso di problemi durante la procedura di
registrazione.
Di fronte a risposte generiche,
sbrigative o troppo sempliciste (della
serie “ma no, vai tranquillo, mai
avuto problemi noi ecc.”)
consiglio di entrare in contatto
telefonico diretto con l'altra
parte, al fine di capirne anche
l'approccio alla materia e alle esigenze
dello stesso cliente.
Avv. Rocco Gianluca
Massa
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